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RIFLETTERE

 

Quando abbiamo commesso degli errori spesso ci siamo sentiti dire: “perché non ha riflettuto prima di agire?”. Bisogna riflettere! Ognuno di noi ha molti motivi per farlo, ma seduti a tavola in un clima di confidenza un “caro Amico” ci ha chiesto di riflettere su un argomento, una dimensione molto importante della vita. È l’esperienza che più ci accomuna, che tutti condividiamo senza sorta di ingiustizia o di privilegio. Allo stesso tempo ci spaventa riflettere su questa dimensione, anzi si corre il rischio di essere inopportuni quando si tratta l’argomento. Gesù a mensa ci invita a riflette- re sulla morte! Sembra un argomento fuori luogo, ma è a partire dall’annuncio e dalla riflessione sulla sua morte e risurrezione che la nostra vita può cambiare.

Gli uomini di tutti i tempi hanno dovuto confrontarsi con l’enigma angosciante della morte e hanno tentato di superarlo, o per lo meno di esorcizzarlo. Gli egiziani per esempio sono ricorsi alla mummificazione per preservare il corpo dalla decomposizione, riti e cerimonie per assicurare al defunto una vita nel mondo di Osiride. I popoli della Mesopotamia hanno parlato della morte come di una discesa verso il “paese senza ritorno” rassegnati da questa sconfitta. Altri hanno pensato alla possibilità di un ritorno alla vita di questo mondo attraverso il succedersi di innumerevoli rein- carnazioni. Quante cose succedono nella nostra vita: nasciamo, cresciamo, ci innamoriamo, for- miamo una famiglia, educhiamo dei figli; proviamo gioie e dolori, coltiviamo sogni e speranze... Poi un giorno, tutto sembra concludersi nel nulla della morte. Tutto finisce, tutto scompare.

Si interrompono i dialoghi d’amore, gli affetti, i rapporti con le persone... A questo punto è op- portuno riflettere. Sembra tutto privo di senso, una grande e profonda ingiustizia. Quanti interroga- tivi e quante reazioni di fronte all’esperienza della morte. Tutti i giorni siamo informati della morte di qualcuno, ma la morte che più ci tocca è quella che entra in casa, quella di persone care. E’ questa che scuote, è questa che arresta il nostro agire carico di errori e presunzioni. E’ la morte vicina che ci porta alla consapevolezza della nostra inutile arroganza e superbia, è questa morte che ci ricorda che siamo uomini dalla vista difettosa. A questi interrogativi Dio ha dato una rispo- sta. “La speranza cristiana è la risurrezione dei morti, tutto ciò che noi siamo, lo siamo in quanto crediamo nella risurrezione” – diceva Tertulliano, il famoso padre della chiesa nel II sec. Solo illuminati dal percorso dello stesso popolo d’Israele raccontato nella bibbia, possiamo essere accompagnati dalla luce che ci offre la visione corretta per leggere l’esperienza della mor- te. Un’esperienza che trova il suo compimento nelle parole di Gesù. Ai cuori umili il Signore conce- de di comprendere il significato della morte, perché per molti resto solo un mistero. Dice il libro della Sapienza: “Un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla (la men- te) grava i pensieri. A stento ci raffiguriamo le cose terrestri, ma chi può rintracciare le cose del cielo?” (Sap 9,15-16). Gesù parla di un’unica vita che continua sotto due forme completamente diverse, come la vita nel grembo e dopo il parto. Il corpo mortale che si ammala, avvizzisce, invecchia e va incontro alla dissoluzione non viene introdot- to nel mondo definitivo, rimane in questo mondo: l’uomo viene rivestito di un altro corpo “incorruttibile, glorioso, pieno di forza spirituale”, scrive San Paolo (1 Cor 15,42-43). Per Gesù non esiste la morte ma il “morire”, come passaggio alla Luce eterna.

don Andrea 

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