ABBANDONO
Quante attese nella nostra vita. Quante sono pericolose o deluse? Una buona parte della nostra esistenza è guidata dal soddisfare le attese di chi ci è accanto. Per un bisogno di amore, di protezione, di riconoscimento, soddisfare le attese che molti pongono in noi, è prioritario. Tutto è compiuto per ridurre una paura nascosta "dentro", per evitare una situazione insostenibile: l’abbandono. Toglie il fiato e il sonno pensarci senza qualcuno vicino con cui condividere il cammino. Credo che all’origine dell’aggressività ci sia quella che viene definita "sindrome dell’ abbandono", un nome che gli specialisti usano per raccontare le ferite e la fatica di chi si ritrova confuso nei suoi sogni e lontano dall’amore delle persone in cui ha posto la fiducia.
Ma dobbiamo sempre pensare che l’abbandono ha un colpevole, e che porta solo ferite? Non potrebbe anche diventare un’occasione per correggere le false attese? L’abbandono non potrebbe stimo-lare consapevolezza e la maturità di una persona?
Negli Atti degli apostoli troviamo: "avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sare-te testimoni… detto questo fu elevato in alto sotto i loro occhi…" (At 1,8-9). Gesù dopo la Pasqua an-nuncia il dono di una "forza", ma compie quello che noi potremmo definire un abbandono! Lascia i suoi, si allontana da loro, annuncia che ritornerà senza dire quando e dove. Insomma, che coraggio irrespon-sabile! "E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava" (At 1,10) potremmo rimanere fermi e bloccati come i primi apostoli, storditi e confusi per questo cambiamento. Il rischio c’è. Ogni abbandono porta a un cambiamento, ma dobbiamo ricordarci che da quel momento è nata la Chiesa, con i suoi carismi e ministeri. L’abbandono può causare smarrimento, amarezza e rabbia, oppure può diventare un’opportunità per accettare con fiducia il compito che Gesù ci ha affidato: "andate e siate miei testimoni". I nostri legami sono spesso malati, sono pericolosi quando non aiutano o non orientano alla maturità di una persona. Diventiamo maturi quando accettiamo un compito, una responsabilità e superiamo rapporti di dipendenza. Nelle prime comunità cristiane le delusioni furono tante, perché si attendeva l’avvento di un regno nuovo, un intervento diretto di Dio. Con l’Ascensione tutto sembrava essere rimasto come prima, nulla sembrava rinnovato o cambiato, ma in verità Gesù ha posto le basi per la Pentecoste, ha offerto alla nostra vita la forza, lo Spirito Santo per superare e vincere ogni ab-bandono e promuovere un vero cambiamento.
La vita nello Spirito, libera il nostro cuore da false attese e ci orienta a partecipare attivamente all’amore gratuito del Signore. Solo allora così coinvolti e rinnovati saremo capaci di "comportarci in maniera degna della nostra vocazione che abbiamo ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandoci a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità nello spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ef 4,1-3).
L’Ascensione non fu il congedo del Signore, non fu il giorno dell’abbandono dei suoi amici, ma l’inizio di un modo nuovo di essere presente. Gesù è presente nell’Eucarestia, ogni giorno e ogni domenica ci attende. Forse la disaffezione diffusa e le mille scuse che usiamo dovrebbero ricordarci che siamo piuttosto noi ad avere abbandonato il Signore. Ma là dove Gesù trova qualcuno pronto ad ascoltare, ad annunciare la Sua parola, a essergli testimone, Lui è lì presente.
don Andrea
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